Come ogni cosa, anche RestART è giunto alla sua conclusione col suo ultimo weekend con tanta gioia di aver intrattenuto e reso possibile la riapertura di 25 dei siti culturali più belli di Palermo. In questi ultimi due mesi estivi che hanno messo alla prova la resistenza del genere umano, la possibilità di vedere in armonia dei luoghi unici non è stata da poco.
Questo è un progetto che parte, cominciando dalla rete di istituzioni pubbliche e fondazioni private, per testare la potenza attrattiva di Palermo e rendendo fruibile in una dimensione notturna assai suggestiva, quell’enorme patrimonio di siti culturali, musei, palazzi che costituiscono il patrimonio culturale e sociale della città. Nasce dalla volontà di far uscire la città di Palermo dopo mesi di paura e contagi.
Abbiamo potuto ammirare i pizzi di stucco di Santa Cita, la Natività scomparsa di San Lorenzo; San Mercurio, con pan·de·mì·a, videoinstallazione, frutto del lavoro di 15 artisti; il Santissimo Rosario in San Domenico con la prima rappresentazione di Santa Rosalia di mano di Van Dyck. Abbiamo scoperto in notturna le tele di Palazzo Abatellis, i reperti del Museo archeologico Salinas, gli stucchi dell’Oratorio dei Bianchi, gli arredi di Palazzo Mirto, le installazioni di Boltanski al Museo Riso, ma anche le collezioni particolari di Villa Zito – dove ha riaperto la personale di Nicola Pucci, fermata dall’emergenza – e Palazzo Branciforte, con gli scaffali malinconici del Monte di Pietà.
Per quest’ultimo weekend viene da pensare che è strano perché la parola “addio” ci affida etimologicamente alla solitudine, infatti, Dio pure se dovesse esistere non lo possiamo conoscere, invece penso alla parola “arrivederci” che suona formale ma di una forma bella perché lo stiamo facendo in due.
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